mercoledì 11 giugno 2014

Stringi forte queste mani!

Lo vidi di sfuggita, solo per un attimo, ma per quel tanto che basta per farmi tornare sui mie passi, per osservare meglio ed appagare quel dubbio suscitato da ciò che l'occhio furtivamente aveva intravisto. Entrai nella penombra della stanza dell'ospedale che conteneva due letti e vidi chiaramente che l'anziano del secondo era sofferente e protendeva le braccia verso di me, come un bambino che chiedeva aiuto, forse protezione, o forse più semplicemente necessitava di calore umano.


 Mi avvicinai a lui e stetti un attimo attonito. Egli non diceva nulla ma i suoi occhi parlavano per lui, quasi ad implorare aiuto, a voler cercare di capire, cercando di comunicare da un abisso di silenzio e solitudine di cui pareva essere avvolto. Potrebbe essere un mio parente ho pensato. Potrebbe essere mio padre questo sconosciuto  e subitamente cento finestre si sono aperte nel cuore.

Mi  pare di rivederlo qui, in questo letto, ad aspettare nella fioca luce della stanza la fine del suo ciclo vitale, il ciclo della vita rappresentato geometricamente da quella magica figura quale è il cerchio, che tanto ha fatto scervellare per secoli  filosofi e matematici. Eccolo, è tutto qui quel segreto, racchiuso nel divino rapporto tra la circonferenza ed il suo diametro: l'intera nostra vita e quella linea che l' attraversa perpendicolarmente in un lampo, ripercorrendo chiaramente gli istanti più significativi del suo divenire.

Ma ora che faccio? Magari non lo posso muovere o forse vuole semplicemente mettersi seduto. Vuole acqua, gli farà male da qualche parte? Forse vorrà tornare a casa, da suoi affetti, dove ci sono tutte le sue cose. Magari, vorrà toccare ancora una volta i suoi oggetti, i suoi arnesi, passare la mano sulle lisce pareti di casa testimoni dell'intera sua vita, dei momenti più veri, delle sue angosce, delle sue speranze, o forse come affetto ultimo della sua feroce solitudine. Vorrà tornare in quella casa dove ha vissuto per tanto tempo chissà con chi: risalire le scale  per arrivare senza fiato sul pianerottolo di casa ed aprire la porta del suo regno, per affacciarsi  dalla finestra e riascoltare le voci, i rumori, gli schiamazzi uditi così tante volte da divenire familiari, quasi necessari.

Vorrà fermarsi a contemplare i nodi di quella porta a loro volta testimoni di tante stagioni, tanti eventi:  di inverni rigidi, di estati assolate e silenziose del primo meriggio, per riassaporare quell'alito di vento che di tanto in tanto soffiava da ponente e che portava con sé  profumi di macchia, di fieno appena tagliato, di piante officinali coltivate negli orti adiacenti: lo zefiro. E' iniziato in questo modo, il mio intendere l'altrui dolore. Due braccia protese m'hanno mosso ad una smisurata Pietà. " Eccomi!  Stringi forte queste mani".

di Daniele Ostuni

1 commento:

  1. Maria Augusta Cardenà mi ricorda certi pomeriggi estivi passati sull aia con la nonna malata e il gatto.... faceva molto caldo e quando un soffio di vento faceva stormire le foglie dei pioppi la nonna diceva: "passa la Madonna"....

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